I percorsi associativi dei comuni di minore dimensione (Unioni di comuni, convenzioni, fusione di comuni)
Come va regolamentato il passaggio di beni mobili e immobili o la porzione d’essi, su cui i Comuni conferenti una funzione all’Unione di Comuni, hanno allocato l’esercizio delle materie conferite?
L’Unione all’atto del conferimento delle funzioni trasferite deve regolamentare nelle apposite convenzioni il trasferimento, utilizzando ad esempio la concessione d’uso per gli immobili e il comodato d’uso gratuito per i beni mobili, gli arredi e le attrezzature.
Come va definita la ripartizione degli importi relativi ad un servizio associato fra i Comuni convenzionati o associati in Unione?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Il riparto della spesa a carico dei Comuni deve essere definita all’interno delle relative convenzioni per essere ripartite in quote da porre a carico di tutti gli enti partecipanti, quote che possono essere calcolate sulla base di parametri preventivamente concordati, come indicato anche dalla giurisprudenza della Corte dei Conti. Il criterio potrebbe essere differente per ogni funzione in base alla tipologia di servizio oppure correlato al numero degli abitanti di ogni comune associato.
A quali norme occorre far riferimento per l’individuazione del collegio dei revisori di una Unione di Comuni e dei relativi Comuni associati?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Il D.Lgs. 267/2000 all’art.. 234 c.3 e c. 3-bis regolamenta la funzione di revisione economica finanziaria nelle Unioni di Comuni. Occorre però tener presente che anche Art. 1, c 110, lett. c), della Legge n. 56/2014 regolamenta tale funzione in base alla dimensione demografica dell’Unione. Il combinato disposto delle due norme è chiarito dalla Circolare Fl 12/2014 del Ministero dell’Interno.
Il trasferimento di una o più funzioni fondamentali a una gestione associata (ad esempio una Unione di Comuni) deve essere integrale?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Al fine di assicurare una gestione realmente efficace ed efficiente, l’art. 14, comma 29, del decreto legge n. 78/2010 dispone a carico degli enti locali un doppio divieto di sovrapposizione tra gestioni diverse: la medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa e la funzione gestita in forma associata non può essere parzialmente gestita dal singolo Comune. Ciò comporta un trasferimento completo di tutte le attività e risorse afferenti la funzione trasferita.
In base a quale istituto va trasferito il personale da un Comune ad una Unione di Comuni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Il personale, di prassi, viene “trasferito” all'Unione in corrispondenza dei servizi conferiti a norma dell'Art. 31 del D.lgs. 165/2001 “Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività”. Il trasferimento avviene, se copre la stessa posizione, a parità di inquadramento giuridico ed economico e comporta il trasferimento di tutto quanto maturato precedentemente. Il “comando” di personale dai comuni può essere utilizzato temporaneamente nella fase di avvio (art.13 Ccnl 22/1/2004)
Quali sono i passaggi fondamentali che portano a una fusione di Comuni, ovvero qual è il percorso che porta a una fusione, al di là delle possibili differenze dovute alla normativa di ogni Regione?
(Argomento: L) Il percorso per le fusioni di Comuni)
Le amministrazioni interessate promuovono l’iniziativa; la Giunta regionale esamina il progetto di fusione; le popolazioni interessate vengono consultate mediante referendum; se il referendum ha esito positivo, la Giunta regionale presenta al Consiglio il progetto di legge che istituisce il nuovo Comuni unico.
Nell’ambito del processo di fusione di Comuni, qual è il ruolo che la normativa affida alla Regione?
(Argomento: L) Il percorso per le fusioni di Comuni)
La Costituzione ed il T.U.E.L. riconoscono alla Regione il potere di istituire nuovi Comuni e di disciplinare con legge regionale il processo di fusione. In Emilia-Romagna la relativa normativa regionale affida alla Regione il compito di vagliare il progetto di fusione presentato dai Comuni e, qualora il referendum consultivo abbia esito positivo, presentare al Consiglio Regionale una proposta di legge per l’istituzione del Comune unico.
Quali sono le opportunità che una fusione di Comuni offre alle amministrazioni coinvolte?
(Argomento: L) Il percorso per le fusioni di Comuni)
Una fusione di Comuni può permettere di migliorare i servizi offerti al cittadino grazie a economie di scala e alla possibilità di maggiore specializzazione di funzionari e tecnici. Inoltre il passaggio da due (o più) a un’unica amministrazione comunale permette di ridurre i costi della politica e degli apparati istituzionali. Bisogna infine considerare l’ammontare dei contributi previsti sia a livello statale che regionale.
Il nuovo Comune unico è soggetto ai vincoli previsti dal Patto di stabilità?
(Argomento: L) Il percorso per le fusioni di Comuni)
Il Comune risultante da fusione è soggetto al Patto di stabilità solo dal terzo anno successivo a quello di istituzione.
Il nuovo Comune unico è soggetto agli obblighi di gestione associata delle funzioni fondamentali previsti dal D.L. 78/2010?
Il nuovo Comune, se con l’aggregazione supera i 5mila (o 3mila, in territorio montano) abitanti, non è più tenuto all’obbligo di gestione associata. In ogni caso, per i Comuni nati da fusione, la Regione può fissare diversa decorrenza o modulare i contenuti degli adempimenti previsti dal D.L. 78/2010. Infine, anche in assenza di normativa regionale, i Comuni istituiti per fusione con popolazione pari o superiore a 3mila abitanti sono esentati dall’obbligo per un mandato elettorale.
Qualora tre comuni dello stesso ambito ottimale decidessero di stipulare convenzioni per la gestione associata delle funzioni fondamentali quale tipologia di Convenzione sarebbe meglio attivare? Per delega o mediante costituzione di Uffici Comuni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Le convenzioni – in generale – rappresentano uno strumento agile, estremamente flessibile, adattabile facilmente anche al mutare delle condizioni di gestione delle funzioni e servizi. L’art. 30 del D.Lgs. n. 267/2000 al comma 4 recita “Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.”
Come evidenzia la norma, la gestione “per delega” presuppone il trasferimento della titolarità di una o più funzioni da parte degli altri comuni aderenti in capo ad un comune che svolge in luogo e per conto degli altri. Questo presuppone la “spogliazione” di una o più funzioni da parte di ciascun comune.
Pertanto, la convenzione per delega non è di facile gestione sia con riferimento a quelle funzioni multi settore (vedi la funzione a) che va dal servizio finanziario al servizio tecnico con esclusione dell’urbanistica, per passare attraverso gli affari generali ed il personale, e sia per un problema di spogliazione di attività da un comune verso gli altri.
La gestione associata mediante istituzione di Uffici Comuni, si presta molto meglio allo scopo perché consente di rimodulare, sotto un profilo squisitamente organizzativo, i contenuti delle nove funzioni fondamentali obbligatorie, mantenendo intatto l’aspetto istituzionale e finanziario, favorendo, inoltre una migliore gestione del personale perché abitua i dipendenti dei Comuni a lavorare e gestire insieme.
Anche la gestione per Uffici Comuni avrà uno dei Comuni come Ente Capofila per la gestione di uno o più Uffici; l’organo di gestione sarà la conferenza dei Sindaci; Il personale sarà Oggetto di distacco funzionale presso l’ente capofila anche. Per le spese di personale saranno redatte tabelle equiparative e compensative.
Le convenzioni hanno un obbligo di durata minima?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Si, in base all’art.14 co. 31 bis del D.L. 78/2010 e ss.mm. le convenzioni devono avere durata di almeno 3 anni. Questo però non vieta agli Enti di stabilire una durata superiore. In genere si suggerisce una durata di 4 anni al fine di verificare l’esito del controllo previsto circa il conseguimento di“significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione”.
Al termine dei tre anni chi effettua i controlli e quali tipi di controlli sono effettuati?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Il Ministero dell’Interno con proprio D.M. in data 11 settembre 2013 ha stabilito le modalità di effettuazione dei controlli da effettuarsi alla scadenza dei tre anni dall’avvio della gestione associata, da parte dello stesso.
Pertanto, ritengo opportuno, monitorare fin dall’inizio e periodicamente la gestione associata in relazione ai dati da fornire al Ministero.
La dimostrazione dell’efficienza, ai sensi dell’art. 4, prevede per gli enti soggetti ad obbligo, la realizzazione di un risparmio complessivo di spesa corrente, di almeno il 5%, rispetto alle spese sostenute nell’esercizio finanziario precedente alla gestione associata, con esclusione delle entrate correnti per contributi pubblici finalizzati al finanziamento di funzioni comunali e delle entrate per rimborsi all’ente per le spese gestite in convenzione e di quelle riferite a servizi precedentemente non attivati.
La dimostrazione dell’efficacia, ai sensi dell’art. 5, deve riguardare almeno 3 delle seguenti attività:
a) organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani;
b) edilizia scolastica;
c) servizio di polizia municipale e polizia amministrativa locale;
d) gestione delle entrate tributarie e servizi fiscali;
e) erogazioni prestazioni sociali;
f) ufficio tecnico, lavori pubblici, edilizia privata;
g) asilo nido;
h) mensa scolastica
Per le convenzioni è previsto il rispetto di soglie demografiche minime analogamente alle Unioni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Si, ma occorre fare molta attenzione alla disciplina stabilita dalla Regione di appartenenza nella Legge Regionale di attuazione della legge così detta Del Rio n. 56/2104 (di modifica delle previgenti discipline).
Infatti, il comma 31 dell’art. 14 del DL 78 /2010 come sostituito dall’art.1 comma 107 della legge 56/2014, impone una soglia demografica minima valevole sia per le convenzioni che per le unioni; tale soglia è fissata in linea generale in 10.000 abitanti ovvero in 3000 abitanti per i comuni già appartenuti o appartenenti a Comunità montane; però la legge stessa fa salvi eventuali diversi limiti demografici ed eventuali deroghe per particolari condizioni territoriali stabilite dalle regioni con propria Legge Regionale, come innanzi già detto.
Un Comune obbligato può utilizzare più strumenti giuridici associativi per ottemperare all’obbligo di gestione associata?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Innanzitutto c’è da far riferimento alla Legge regionale della propria regione di riferimento con cui sono stati definiti gli “ ambiti ottimali”. Nel rispetto dell’ambito ottimale, i comuni di quello stesso ambito possono gestire alcune funzioni fondamentali tramite costituzione di una Unione di Comuni ed altre Funzioni fondamentali tramite l’istituto della convenzione da stipularsi tra due o più comuni dello stesso ambito.
A seguito della definizione degli ambiti ottimali da parte delle Regioni, due Comuni limitrofi, ma appartenenti a due ambiti territoriali ottimali diversi, possono associarsi in convenzione tra di loro per gestire una o più funzioni fondamentali?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
No. Qualora la Regione con propria Legge Regionale abbia definito gli ambiti ottimali, i Comuni devono gestire in forma associata le proprie funzioni fondamentali con i comuni appartenenti al proprio ambito ottimale. Non è consentito, quindi, costituire unioni o stipulare convenzioni tra comuni seppur limitrofi ma appartenenti ad Ambiti diversi. La determinazione dell’ambito da parte delle Regioni costituisce individuazione “della dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni delle funzioni fondamentali di cui al comma 28, secondo i princìpi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, secondo le forme associative previste dal comma 28” (co.30 art.14 D.L.78/2010 e ss.mm.). Quindi non è legittima la stipulazione di convenzioni tra 2 o più comuni di ambiti diversi.
I Comuni non capoluogo devono scegliere solo uno dei moduli per la gestione aggregata delle acquisizioni di lavori, beni e servizi previsti dall’art. 33, comma 3-bis del d.lgs. n. 163/2006 oppure possono fare ricorso a più soluzioni ?
I Comuni assoggettati all’obbligo previsto dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici possono scegliere uno dei moduli aggregativi previsti dalla disposizione, ma la stessa non vieta di fare ricorso, se necessario (anche per ragioni organizzative) ad uno degli altri moduli. Ad esempio, se un Comune decide di fare ricorso alla Stazione Unica Appaltante, può comunque acquistare beni o servizi facendo ricorso alle convenzioni Consip o della centrale di committenza regionale quali “soggetti aggregatori”.
Un Comune non capoluogo, a partire dal 1° settembre 2015 (data di entrata in vigore dell’obbligo previsto dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici per gli acquisti “aggregati”) ha possibilità di continuare ad operare autonomamente per l’acquisto di beni e servizi ?
Sì, facendo ricorso al mercato elettronico o agli strumenti elettronici (es. piattaforme telematiche) messi a disposizione dai soggetti aggregati di riferimento (centrali di committenza regionali), in base all’espressa previsione derogatoria contenuta nella disposizione.
L’accordo consortile previsto come modulo di aggregazione dei Comuni non capoluogo per le acquisizioni di lavori, beni e servizi comporta la costituzione di un consorzio o può condurre alla definizione di un modello di relazione tra gli enti più flessibile ?
La formulazione utilizzata nella norma è stata interpretata (si veda anche ANAC, determinazione n. 3/2015) come accordo tra i Comuni tradotto mediante convenzione per la gestione associata di servizi in base all’art. 30 del d.lgs. n. 267/2000.
I Comuni che decidano di organizzare l’acquisizione dei lavori, beni o servizi con un modulo aggregativo (accordo) come organizzano la struttura deputata a gestire le procedure ?
I Comuni possono scegliere tra la costituzione di un Ufficio Comune o la designazione di un ente capofila, procedendo all’assegnazione di risorse umane, strumentali ed economiche.
I Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono utilizzare ancora le procedure in economia per l’acquisizione di beni, lavori o servizi ?
Sì, ma solo entro il limite dei 40.000 euro relativo all’affidamento diretto (in base al comma 3 dell’art. 23-ter della legge n. 114/2014). Diversamente, i Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti devono far passare anche tali acquisizioni attraverso il modello aggregativo.
Quali conseguenze sono previste in caso di mancato avvio dell’esercizio associato di funzioni per comuni?
Tutti i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, o ai 3.000 se appartenenti o appartenuti a comunità montane, sono tenuti ad esercitare in forma associata tutte le funzioni fondamentali individuate all’art. 14, comma 27, del d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010 entro la nuova scadenza temporale fissata al 31 dicembre 2015 dall’art. 4, comma 6-bis, del d.l. n. 192 del 2014, convertito dalla legge n. 11 del 2015 (la scadenza precedente fissata al 31 dicembre 2014 era prevista all’art. 14, comma 31-ter, del d.l. n. 78 del 2010).
In caso di decorso del termine previsto senza che gli enti obbligati abbiano adempiuto, il prefetto stabilisce un termine perentorio entro il quale provvedere, decorso il quale si attivano i poteri sostitutivi previsti all’art. 8 della l. n. 131 del 2003, in base al quale il Presidente del Consiglio assegna all’ente un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti, rimettendo – in caso di ulteriore inerzia – la questione al Consiglio dei ministri che adotterà i provvedimenti necessari o nominerà un apposito commissario. Ciò non toglie, tuttavia, che il considerevole margine di discrezionalità che concerne tale adempimento, in ordine sia alla tipologia di forma associativa da attivare (unione di comuni, piuttosto che convenzione), sia alla scelta degli altri enti con cui dare vita alla forma associativa rende particolarmente difficoltoso l’attivazione di tali poteri sostitutivi.
In che misure le leggi regionali di attuazione della l. 56 del 2014 possono mutare le previsioni in materia di associazionismo comunale?
La legge n. 56 del 2014 impatta sul tema dell’esercizio associato di funzioni comunali sotto un duplice profilo: il primo, di tipo diretto, nell’ottica di una generale incentivazione dei processi di fusione e incorporazione dei comuni di minori dimensioni, delineato al comma 121, prevede che le leggi regionali possano differire il termine entro cui i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti nati da tali processi debbano procedere ad esercitare obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali, ferma restando l’esenzione da tale obbligo per un intero mandato elettorale in favore degli enti con popolazione pari o superiore a 3 mila abitanti (o 2 mila per gli enti montani) in caso di assenza di una previsione regionale in proposito. Sotto un profilo indiretto, invece, il comma 89 della legge n. 56/2014 fa riferimento al massima valorizzazione delle forme associative sovracomunali nell’ambito dei procedimenti di riallocazione delle funzioni provinciali differenti da quelle fondamentali.
Tale valorizzazione, peraltro del tutto volontaria, è stata declinata nell’ambito dei progetti di legge e delle leggi regionali in modo estremamente diversificato che è possibile riunire in tre gruppi differenti:
1) il primo è costituito dalle regioni che non prendono per nulla in considerazione le forme associative comunali nell’ambito del procedimento di riallocazione delle funzioni provinciali ed è formato dalle regioni Lombardia, Marche e Molise.
2) Il secondo gruppo, formato da Abruzzo, Campania, Lazio, Piemonte e Veneto, raccoglie quelle regioni i cui testi normativi fanno riferimento alle esperienze associative sovracomunali mediante mere dichiarazioni di intenti, volte essenzialmente a valorizzare in futuro tali esperienze;
3) Il terzo ed ultimo gruppo, invece, riunisce quelle regioni (Basilicata, Liguria, Puglia, Toscana e Umbria) che hanno previsto un diretto coinvolgimento delle forme associative nel processo di attuazione della legge n. 56 del 2014, prevedendo l’obbligo che alcune funzioni già spettanti alle province siano obbligatoriamente esercitate a livello comunale, ma in forma associata.
Quale impatto ha avuto in materia di associazionismo comunale la sent. n. 50 del 2015 della Corte costituzione sulla l. n. 56 del 2014?
La sent. n. 50 del 2015 della Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le eccezioni di incostituzionalità sollevate da alcune regioni, in base alle quali vari commi della l. n. 56 del 2014 in materia di unioni di comuni si sarebbero posti in contrasto con la Costituzione, essendo tale materia rimessa alla legislazione residuale regionale, come peraltro affermato in tal senso dalla costante giurisprudenza costituzionale (sent. nn. 244 e 456 del 2005; n. 397 del 2006; n. 237 del 2009; n. 27 del 2010; nn. 22 e 44 del 2014).
La Consulta ha infatti ritenuto che, nonostante la «impropria definizione sub comma 4 dell’art. 1», le unioni di comuni non rappresentano un ente territoriale ulteriore e diverso rispetto all’ente Comune, di cui assumono la natura rappresentandone una proiezione istituzionale e, pertanto, rientrano nell’area di competenza statuale sub art. 117, secondo comma, lettera p), non essendo, di conseguenza, attratte nell’ambito di competenza residuale di cui al quarto comma dello stesso art. 117. La Corte ha pertanto dichiarato non fondate le questioni sollevate, lasciando immutata la disciplina introdotta dal legislatore nel 2014.
Quali vincoli impone la normativa nella scelta di ricorrere alla convenzione per adempiere all’obbligo di esercizio in forma associata di funzioni fondamentali?
Ferma restando la possibilità per i comuni di poter scegliere liberamente se dare vita ad una convenzione aperta all’adesione di nuovi enti o chiusa in cui gli aderenti sono predeterminati, piuttosto che istituire una convenzione di semplice delega di funzioni ad un ente comunale o di costituzione di un ufficio comune, tutte le convenzioni dovranno avere durata almeno triennale (art. 14, comma 31-bis, d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010) e rispettare il limite demografico minimo – valevole anche per le unioni di comuni – di 10.000 abitanti, abbassato a 3.000 nel caso di comuni appartenenti o appartenuti a comunità montane, fermo restando il diverso limite demografico stabilito con legge regionale, in ragione di particolari condizioni territoriali (art. 14, comma 31, d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010, come modificato dalla l. n. 56 del 2014, comma 107).
Le convenzioni dovranno, altresì, dimostrare di aver conseguito adeguati livelli di efficacia ed efficienza definiti dal decreto del Ministro dell’Interno dell’11 settembre 2013, pena l’obbligo di esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni (art. 14, comma 31-bis, d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010).
In particolare, in base all’art. 4 di detto decreto, la dimostrazione di efficienza si dovrà sostanziare in un risparmio complessivo di spesa corrente degli enti convenzionati di almeno il 5 per cento rispetto alle spese sostenute nell’esercizio finanziario precedente alla gestione associata mediante convenzione, con l’esclusione delle entrate correnti per contributi di amministrazioni pubbliche aventi destinazione finalizzata al finanziamento di funzioni comunali e delle entrate per rimborsi all’ente per le spese gestite in convenzione e di quelle riferite a servizi precedentemente non attivati.
In base all’art. 5 del medesimo atto, invece, la dimostrazione di efficacia dovrà attestare di aver raggiunto un migliore livello di servizi nella gestione in convenzione rispetto all’esercizio finanziario precedente alla gestione associata mediante convenzione per almeno 3 delle seguenti attività:
a) organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e
smaltimento e recupero dei rifiuti urbani;
b) edilizia scolastica;
c) servizio di polizia municipale e polizia amministrativa locale;
d) gestione delle entrate tributarie e servizi fiscali;
e) erogazioni prestazioni sociali;
f) ufficio tecnico, lavori pubblici, edilizia privata;
per i comuni che, nell’esercizio finanziario precedente alla
gestione associata mediante convenzione, svolgevano tali servizi a
domanda individuale:
g) asilo nido;
h) mensa scolastica.
Quali novità si sono registrate in materia di autonomia statutaria delle unioni di comuni?
In base alle modifiche introdotte all’art. 32 del d.lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico sull’ordinamento degli enti locali) dalla l. n. 56 del 2014, l’autonomia statutaria delle unioni di comuni è stata notevolmente ampliata e valorizzata, in particolare per quanto concerne l’assetto istituzionale di tali forme associative.
A differenza del passato, infatti, allo statuto dell’unione è rimessa la disciplina del funzionamento degli organi e dei rapporti tra loro, nonché la definizione del numero dei componenti del consiglio, nel rispetto della rappresentanza delle minoranze e assicurando la presenza di almeno un esponente per ciascun comune.
Fermo restando che, in sede di prima istituzione, lo statuto dell’unione è approvato dai consigli dei comuni partecipanti, mentre le successive modifiche sono rimesse al consiglio dell’unione, rispetto agli altri ambiti di possibile intervento da parte dello statuto, si prevede che all’unione di comuni si applicano, in quanto compatibili e non derogati con le disposizioni della legge n. 56 del 2014, i principi previsti per l’ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all’ordinamento finanziario e contabile, al personale e all’organizzazione.
Qual’è il numero dei componenti del Consiglio di un’Unione di Comuni costituita ai sensi dell’art. 32 del TUEL n. 267/2000 come modificato dalla Legge n. 56/2014?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
La legge Nazionale, in particolare il dl 95/2012 con il comma 3 dell’articolo 19, aveva previsto (e poi eliminato dalla legge 56) un limite numerico al consiglio dell’Unione. Ora è previsto: “Il consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli consigli dei comuni associati tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni comune”.
Quale è il numero dei componenti della Giunta di un’Unione di Comuni costituita ai sensi dell’art. 32 del TUEL n. 267/2000 come modificato dalla Legge n. 56/2014?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
La legge Nazionale, in particolare il dl 95/2012 con il comma 3 dello stesso articolo, modificando i commi da 1 a 16 dell’articolo 16 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, aveva previsto esclusivamente per “l’Unione speciale” (che la legge 56 ha abrogato) che la giunta fosse composta dal presidente e dagli assessori in numero non superiore a quello previsto per i comuni aventi corrispondente popolazione.
Pertanto ora per quanto riguarda la composizione dell’organo esecutivo dell’Unione di Comuni, la legge nazionale non prevede alcun limite numerico
Quali sono le regole per il segretario dell’Unione di Comuni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
L’art. 1 della legge “Delrio” ha novellato la materia con il comma 105 attribuendo al Presidente dell’Unione l’obbligo di avvalersi del segretario comunale di uno dei Comuni associati, facendo comunque salvi gli incarichi per le funzioni di segretario già affidati ai dipendenti delle Unioni o dei Comuni. Il tutto senza che ciò comporti l’erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ai segretari delle unioni di comuni si applicano le disposizioni dell’articolo 8 della legge 23 marzo 1981, n. 93, e successive modificazioni.
Sono previsti emolumenti per gli amministratori dell’Unione di Comuni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
L’art. 1 della legge “Delrio” con il comma 108 Interviene in ordine al trattamento economico dei titolari delle cariche negli organi delle Unioni di Comuni, confermandone la gratuità.
L’Unione di Comuni può gestire direttamente anche l’Anagrafe e lo Stato Civile?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Il nuovo art. 5 bis del T.u.e.l. stabilisce che “previa apposita convenzione, i sindaci dei comuni facenti parte dell'Unione possono delegare le funzioni di ufficiale dello stato civile e di anagrafe a personale idoneo dell'Unione stessa, o dei singoli comuni associati, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 3, e dall'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, recante regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127.”
Cosa accade quando una norma statale o regionale non prevede l’Unione dei Comuni tra i destinatari della stessa limitandosi a citare i Comuni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
L’art. 32 del T.u.e.l. comma 4 è ora così novellato:
“L'unione ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili e non derogati con le disposizioni della legge recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e all'organizzazione.”
Purtroppo non sempre viene accettato questo principio nell’applicazione pratica.
Un Comune con meno di 5.000 abitanti entrando a far parte di un’Unione perde i vantaggi legati alle normative previste per i piccoli Comuni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Ora non più, infatti la legge Delrio art.1 comma 115 stabilisce l’estensione alle Unioni composte da Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti delle disposizioni normative relative ai piccoli Comuni. Purtroppo questo crea invece problemi alle Unioni all’interno delle quali è presente un comune di maggiori dimensioni.
Quali sono gli attuali stanziamenti finanziari per Unioni e Fusioni?
Il fondo nazionale per la gestione associata di servizi e funzioni comunali, a favore di Unioni e fusioni risulta composto dai seguenti finanziamenti:
1.549.370 euro stanziati ex art. 1, comma 164 della legge finanziaria n. 662 del 1996 per le Unioni e le fusioni di Comuni;
10.329.138 euro stanziati ex art. 53, comma 10, L. n. 388/2000 per Unioni e Comunità montane;
30 milioni di euro, destinati (ex comma 730, art. 1, legge n. 147/2013) per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 ad incrementare il contributo spettante alle Unioni di Comuni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
30 milioni di euro, destinati (ex comma 730, art. 1, legge n. 147/2013) per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ai Comuni istituiti a seguito di fusione;
Esiste ancora la fattispecie dell’Unione Speciale prevista dall’art.16 del D.L. 13/08/2011 n.138?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
No, è stata abrogata dalla legge Delrio.
Le Unioni sono esenti dalla dimostrazione di risparmio, efficienza ed efficacia prevista per le convenzioni?
(Argomento: A) L'assetto istituzionale - statuto, regolamenti, provvedimenti organizzativi delle Unioni di Comuni e delle Convenzioni)
Sì, ad eccezione di quanto previsto dall’art.32 del Tuel : ““Fermi restando i vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di personale, la spesa sostenuta per il personale dell'Unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale.”